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Lago d’Orta, un lago sempre più “Green”

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Consulta dei Sindaci e Contratto di Lago, come metodo e strumento, per affrontare il presente e disegnare il futuro di sostenibilità ambientale e turistica del lago d’Orta.

Non esiste organismo vivente autosufficiente, completamente indipendente dagli altri organismi o refrattario ai processi che si verifichino nell’ambiente che lo circonda. Un bacino lacustre è una sorta di biosfera, dove vari ecosistemi interagiscono fra loro, influenzandosi vicendevolmente. Il lago d’Orta non sfugge a questi principi naturali, ma come per molti degli ecosistemi della terra, ha dovuto fare i conti con la complicata convivenza con l’uomo, cominciata secondo gli storici, più o meno nel Mesolitico (8000 a.c.), per proseguire con la stanzialità dei Leponzi e degli Insubri, progenitori di quelle genti che dalle Valli dell’Ossola, sono scese a sud fino alle Valli Strona, Corcera e parte della Valle dell’Agogna, incrociando probabilmente la risalita dei Liguri, in quel territorio che oggi chiamiamo Cusio.

Considerato il più occidentale dei grandi laghi prealpini italiani, il Lago d’Orta, nato dal progressivo ritiro del ghiacciaio del Sempione e sviluppatosi su di un asse nord-sud, tra il bacino del Lago Maggiore ad est (separato dal Monte Mergozzolo), e ad ovest dalle montagne della Valsesia; è sempre stato molto generoso con i popoli che hanno abitato le sue sponde, regalando la sua preziosa acqua e le sue prelibate specie ittiche. Una convivenza rimasta in equilibrio per millenni fino ad oltre la metà del XIX secolo, quando una decina di lustri dopo la progressiva industrializzazione ed antropizzazione, sono bastati a compromettere la salubrità delle acque, decretando la fine degli organismi viventi, al punto di vedersi ribattezzato da lago d’Orta, in lago Morto.

Con la grande “bonifica” attuata grazie all’operazione di Liming effettuata alla fine degli anni ‘80, il lago d’Orta ha ripreso progressivamente vita, ed anche grazie ad una maggiore coscienza ambientalista, la convivenza con l’uomo sta ricercando nuovi equilibri di coesistenza. Oggi possiamo dire che il bacino cusiano stia discretamente bene, anche perchè finalmente, l’uomo ha davvero imparato a preoccuparsi della sua salute, anche se ad occuparsene, sono entità diverse, con possibili diverse visioni sul suo presente e futuro destino.

Diviso com’è fra la Provincia di Novara e quella del VCO, con le varie amministrazioni locali che per loro natura si occupano del loro frontespizio, il lago d’Orta, pur vincolato al sovrintendere di leggi e normative regionali e nazionali, ha bisogno di una visione univoca, di una progettualità che sappia integrare fra loro, politiche ambientali e di sviluppo turistico, attraverso strumenti utili a convergere unità d’intenti.

In quest’ottica, intorno al benessere del lago d’Orta e la generalità dei suoi abitanti, i sindaci dei comuni che circondano il bacino cusiano, si sono organizzati in una Consulta, che da circa un anno opera attivamente per tracciare un comune percorso d’intenti, che ha come principale bussola, uno strumento che si chiama Contratto di Lago.

Una sorta di “patto” fra uomo e lago, che vede il futuro della “biosfera” d’Orta, delinearsi intorno ad alcuni punti fermi, che passano inevitabilmente da criteri di sostenibilità ambientale.

La volontà della Consulta dei Sindaci, nel solco tracciato dal Contratto di Lago, porta il bacino cusiano ad esaltare la propria vocazione green, indirizzandosi verso lo sviluppo di un turismo d’elite e non di massa, dalla valorizzazione di sentieri, percorsi per e-bike e mountain bike; nuoto, immersione, barca, vela o canoa; e quindi verso quelle manifestazioni sportive ed eventi out-door, che esaltino paesaggi e scorci naturalistici unici, fra lago e montagna, affiancando la valorizzazione del patrimonio storico-culturale e gastronomico, che tanto richiamo possono avere, rispetto alla sempre più crescente domanda di turismo sostenibile fra natura e benessere.

di Marco Foti

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